Quest’anno l’associazione Luce & Sale di Palagiano ha conferito il Premio Don Giovanni Pulignano a Marco Catucci, un giovane ricercatore palagianese.
Marco Catucci collabora con l’IRCCS San Raffaele e si è distinto per il suo impegno nella ricerca di cure innovative per i tumori.
Ciao Marco, in cosa consiste il tuo progetto?
Il mio laboratorio si occupa dello studio di una cura innovativa che si chiama immunoterapia.
Si basa sull’uso dei linfociti, che sono cellule del sistema immunitario che si trovano nel sangue di ognuno di noi, e hanno la capacità innata di riconoscere e uccidere i patogeni.
Noi cerchiamo di utilizzare questa caratteristica per dirigerli verso il tumore.
Per farlo, studiamo queste cellule e le modifichiamo geneticamente.
Però, al momento non ci sono delle tecniche efficaci per poter monitorare queste cellule una volta che vengono infuse nei pazienti.
Quindi il mio progetto, che è stato finanziato e sostenuto dalla Fondazione Veronesi, ha proprio lo scopo di sviluppare un metodo non invasivo per il monitoraggio dei linfociti-T nell’immunoterapia.
Perché è così importante il tuo progetto?
Il progetto è importante perché con questa tecnica potremo monitorare in modo non invasivo e in tempo reale la capacità dei linfociti di raggiungere il tumore, cioè i medici saranno in grado di monitorare i pazienti e capire se la cura è efficace.
Quando hai scelto di diventare ricercatore?
Questo desiderio, questo sogno è nato ai tempi del liceo.
Mi ricordo la prima volta che ho potuto guardare in un microscopio: per me è stato come guardare in un nuovo universo, un mondo tutto da scoprire.
E da lì è nata la voglia di conoscere questo mondo.
Così, quando è arrivato il momento di scegliere l’università, ho scelto di studiare biologia e man mano mi sono appassionato allo studio delle malattie e delle loro cure.
Quindi, quello che mi ha spinto a diventare ricercatore, è stato il desiderio di contribuire allo studio e trovare la cura per le malattie che ancora non si possono curare.
Il tuo percorso ti ha dato tante soddisfazioni, ma ti è costato anche qualche rinuncia
Sì, qualche rinuncia c’è stata e la prima, forse la più grande, è stata quella di dovermi allontanare dalla mia terra d’origine.
L’ho fatto perché avevo voglia di studiare e poi lavorare in centri di eccellenza.
Questo mio viaggiare mi ha dato la possibilità di acquisire conoscenze e competenze, ma dentro di me avevo sempre il desiderio di ritornare per mettere a disposizione le conoscenze che avevo acquisito fuori.
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